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Infermieri pubblici a ore nelle case di riposo - proposta che evidenzia le disparità e non risolve i problemi


Il problema della carenza di organici nella Sanità e nelle Case di Riposo pubbliche e private è drammatico e da anni lo segnaliamo. Mancanza di programmazione, utilizzo spregiudicato del taglio alle risorse umane per pareggiare i bilanci, hanno portato ad una situazione che spesso consideriamo di emergenza.
Nei Servizi sanitari e nelle Ipab/Rsa è importante creare un clima organizzativo positivo con personale che si fidelizzi perché si investe sulla loro professione, sulla loro specializzazione e nelle strutture

Pensare di usare strane e contraddittorie alchimie per risolvere la carenza di organici è fuorviante rispetto al problema. I servizi sanitari non possono depauperare le loro risorse umane "prestandole" ad ore alle case di riposo, e queste hanno bisogno di consolidare la loro specificità di servizio socio-assistenziale con personale proprio che garantisca un servizio di qualità per la popolazione anziana. Liberalizzando il mercato del lavoro in questo sistema delicato ed essenziale (si assistono persone fragili e sofferenti) si rischia di confondere e spostare il problema. Si pensa di risolvere la carenza di organici aprendo ad un mercato che non potrà assolutamente affrontare il tema. Si pensa di liberalizzare l'utilizzo di opportunità (libera professione, convenzioni ecc..) che non sono previste nelle normative attuali (contratti e regole della Pubblica Amministrazione) e rischiano di rendere ancora più fragile e pericoloso il sistema aprendo a derive non controllabili.

Il tema dei salari è una questione senza dubbio molto urgente da affrontare. Per farlo serve rinnovare i contratti nazionali, aprire la contrattazione di secondo livello e aumentare i fondi contrattuali aziendali. I lavoratori della sanità e delle Case di Riposo, i quali aspettano ancora il premio Covid, devono veder riconosciuto il loro impegno, ma non a fronte di un lavoro che arriva a 50/60 ore a settimana. Abbiamo bisogno di lavoratori della sanità che sostengono ritmi accettabili e sostenibili e non che vengono ulteriormente spremuti dal sistema che non riesce ad avere una adeguata programmazione.

Invece la proposta della Cisl non affronta la drammatica carenza di infermieri nella aziende sanitarie e vale la pena ricordare come nei reparti degli ospedali si continua a richiamare in servizio gli infermieri in riposo o ferie per coprire i turni vista la mancanza di personale. Inoltre è fuorviante, perché la libera professione extra orario fuori dalle aziende di servizio non è prevista e, per assurdo, non può essere nemmeno utilizzata dalle aziende per remunerare le prestazioni chieste in più agli infermieri come i rientri in servizio.

Gli stessi lavoratori di Ipab e Rsa non possono, come propone la Cisl, essere considerati di serie b mantenendo contratti con salari spesso decisamente più bassi. Serve su questo aprire un vero tavolo di confronto con il prossimo assessore regionale alla sanità affinché si costruisca nella riforma delle Ipab un piano contrattuale che inserisca questi lavoratori nel contratto della sanità pubblica e che permetta davvero un interscambio delle professionalità.

Come Cgil per questo non pensiamo che si possano superare le carenze di organico creando due regimi contrattuali per infermieri, spremendo già chi lavora e lasciando i lavoratori delle residenze per anziani pubbliche e private in condizioni di lavoro peggiori con salari più bassi e che continueranno ad emigrare in sanità.




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